Gli eroi sono sempre esistiti e la loro utilità non è mai stata messa in dubbio. Oggi, forse, non comprenderemmo più alcuni di quelli che hanno costituito un pezzo importante dei nostri valori condivisi. Perché si assiste a tale fenomeno?

Possiamo dire che ogni epoca abbia avuto i propri eroi, la funzione dei quali, in molti casi, era quella di ispirare le persone fornendo dei modelli di riferimento che presentavano sistemi comportamentali e virtù a cui tendere se si voleva essere considerati, in definitiva, delle brave persone.
È probabilmente grazie al contributo degli eroi se sappiamo quale sia la così tanto citata “cosa giusta” da fare. Se in una scena vediamo un ragazzino che ne insulta un altro, inquadriamo il primo come “cattivo della storia” ed il secondo come vittima. È quest’ultimo che vorremmo vedere aiutato da un eroe e, se siamo noi quell’eroe, ci sentiamo appagati, proprio per aver fatto la già citata cosa giusta.
Di esempi come questo ne potremmo fare a centinaia. Alcuni gesti universalmente riconosciuti come virtuosi sono:
- Aiutare chi è in difficoltà.
- Utilizzare i propri talenti e le proprie forze per il bene comune.
- Rispettare il prossimo.
- Sacrificarsi, se necessario, quando serve per il bene di un amico, di un parente o di qualcuno che merita il nostro aiuto.
- Valutare le persone in base ai valori che esprimono e non all’utilità che hanno per noi.
Anche qui la lista potrebbe essere chilometrica. Sono sicuro, comunque, che chiunque legga questo articolo sappia immaginare perfettamente quali siano gli altri esempi in questione. Gli eroi, nei millenni, hanno assunto un vastità impressionante di forme. Per i greci, ad esempio, erano delle divinità o semidei. Pensiamo ad Achille, a Perseo o ad Ercole.
Nel mondo moderno, invece, questi eroi fantastici sono i cosiddetti supereroi i quali, dotati di poteri straordinari, li mettono a servizio degli altri, senza chiedere molto in cambio.
È celebre la frase citata spesso nella trilogia di Spider-Man diretta da Sam Raimi, ovvero “Da grandi poter derivano grandi responsabilità”.
Il mondo è cambiato?
La riflessione che ha portato a questo articolo deriva da una domanda che mi sono posto recentemente, ovvero: “Nel mondo di oggi, come vedrebbe un ragazzo di 15 anni la figura classica di Spider-Man?“.
Di primo acchito la domanda può sembrare senza senso, al limite della stupidità ma, se ci pensiamo, non lo è è poi così tanto.
Intanto partiamo col dire che Spider-Man si chiama, in realtà, Peter Parker ed è un liceale. Peter ha perso i genitori, vive con gli zii e non riesce ad ottenere l’attenzione della ragazza che gli piace la quale preferisce uscire, invece, con un ragazzo bello e benestante.
La prima cosa che fa Peter, tipica di tutti i supereroi, è mantenere l’anonimato. Decide di aiutare le persone rischiando la vita, senza che nessuno conosca la sua identità.
Già qui, mi sento di dire che un adolescente di oggi potrebbe non comprendere tale scelta. L’anonimato non è, infatti, premiato nel mondo moderno dove l’apparire è diventata una caratteristica fondamentale del successo.
Sappiamo che l’anonimato di Spider-Man rappresenta un valore nobile. Così facendo, i suoi nemici non possono colpire la sua famiglia e, inoltre, fare del bene per ottenere pubblicità non è così etico, almeno secondo i valori espressi dal fumetto e dai film.
In un contesto popolato dai social network, dove la presenza o meno di follower decreta la validazione di una persona piuttosto che di un’altra, potrebbe sembrare difficile capire come mai Peter scelga di non farsi riconoscere.
Il secondo aspetto fondamentale è che Peter opera gratuitamente, non ricavando compensi dalla sua attività di supereroe. Scontato sì, perché in un certo quadro valoriale, assolutamente condivisibile, il bene lo si fa quotidianamente in quanto è giusto, non perché si ha un ritorno.
Oggi però la tendenza è quella di associare gran parte delle soddisfazioni personali ad un ricavo in termini monetari. Non a caso, la serie televisiva “The Boys” tratta proprio l’argomento di supereroi che si fanno pagare per aiutare il prossimo.
La terza cosa è che, per larghi tratti della sua vita, Peter rimane da solo, per evitare di mettere in pericolo le persone che ama.
Quest’ultimo punto è estremamente delicato. La solitudine, nel caso di Spider-Man, non viene collegata, come avviene spesso oggi, al concetto di rifiuto, con il senso di dire che “se si è soli è perché si è stati rifiutati” ma gode di uno schema interpretativo completamente differente.
Peter rimane da solo perché i suoi poteri lo gravano di una responsabilità che non può scaricare anche su un’altra persona. È un atto di altruismo verso chi, magari, vuole semplicemente una vita normale.
Qui il valore espresso è chiaro: è normale non poter avere tutto. Se si hanno dei talenti (poteri) che generano possibilità al di là dei sogni di molti, bisogna accettare le responsabilità connesse a questi talenti ed i sacrifici che comportano, senza pretendere di ottenere tutto.
Abbiamo parlato di Spider-Man ma potremmo fare altrettanto per Superman, un uomo che in totale anonimato lavora presso una testata giornalistica cittadina cercando di conquistare il cuore di una donna e rintanandosi, di tanto in tanto, presso una fortezza di ghiaccio.
L’ultima cosa fondamentale riguarda gli amici. Nonostante Peter Parker sia Spider-Man e Clark Kent sia Superman, entrambi frequentano persone comuni, senza ricercare l’attenzione di personalità di spicco. Questa cosa, oggi, potrebbe essere vista anch’essa con diffidenza.
Il tema qui è pacifico: le persone hanno un valore intrinseco, a prescindere dalla propria condizione sociale. In un mondo dominato dall’apparenza come quello in cui viviamo oggi, forse anche questo valore potrebbe risultare obsoleto.
Quante persone, in un mondo dominato dalla ricerca di visibilità, premi in denaro e successi facili si sacrificherebbero, rimanendo anonimi nel proteggere il mondo gratuitamente, al posto di sfruttare questi poteri per ben altri scopi? Lascio a voi le opportune valutazioni.